Parlare di disabilità significa parlare di diritti umani. Ricordiamolo, diritti umani sono i diritti fondamentali che spettano a ogni persona in quanto essere umano, indipendentemente da qualsiasi condizione. Sono universali, indivisibili e interdipendenti.
Nel Rapporto Annuale delle Nazioni Unite del 2015, il concetto di lavoro e quello di sviluppo umano venivano definiti all’interno di un rapporto circolare virtuoso: non solo occupazione e aumento di reddito, ma aumento ed estensione della possibilità di scelta in unottica di interazione e integrazione tra qualità di vita e qualità di lavoro.
Il lavoro viene visto come un’attività che incoraggia tutti verso il pieno coinvolgimento nella società e favorisce, nel contempo, lo sviluppo e il consolidamento di un sentimento di dignità e valorizzazione di sé. Questo sviluppo virtuoso è potenziale e non naturale, affinché si possa attuare necessita di politiche inclusive atte a favorire l’ingresso alla vita lavorativa e sociale a gruppi di persone ad oggi emarginate, affinché
Nello stesso documento viene denunciata la comune condizione delle persone con disabilità, di non poter spesso fare uso pieno delle proprie capacità; l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità è considerato uno degli orientamenti delle politiche
A tal fine è indispensabile creare ambienti favorevoli alla produttività delle persone con disabilità e favorire nei loro confronti comportamenti incoraggianti, con l’obiettivo di migliorare capacità, opportunità e l’accessibilità anche adottando e sperimentando nuove tecnologie.
La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) è uno strumento per descrivere e classificare la disabilità. L’ICF è stato sviluppato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
L’ICF si configura sia come un modello teorico sia come uno strumento operativo utile a descrivere la salute non solo come assenza di malattia, ma come il risultato dell’interazione dinamica tra vari elementi: condizioni fisiche, funzionalità e strutture corporee, capacità di svolgere attività e partecipare alla vita sociale, oltre a fattori ambientali e personali. Secondo questa visione, la disabilità non è solo un fatto individuale o medico, ma un fenomeno complesso di natura sociale, da comprendere alla luce di una teoria dell’uguaglianza (Caldin 2007, p. 31). Questa teoria riconosce che la condizione umana può includere, per alcuni nel presente e per tutti potenzialmente in futuro, esperienze di disabilità. In questo senso, la disabilità può essere vista come una possibilità insita nella vita di ciascuno, in relazione agli eventi e alle trasformazioni che ci attraversano.
L’ICF non si limita a classificare, ma propone un modo di pensare e di agire che punta a valorizzare la persona nella sua interezza, adottando una visione globale e inclusiva che tiene conto del contesto in cui vive. Il suo obiettivo è promuovere la partecipazione attiva di tutti alla vita sociale. Per raggiungere questo traguardo, viene richiesto agli Stati di impegnarsi a eliminare ostacoli economici, politici e sociali, sottolineando la necessità di un cambiamento culturale e pedagogico. La scuola, insieme ad altri ambienti educativi e istituzionali, viene quindi riconosciuta come spazio privilegiato di trasformazione sociale. In questa prospettiva, diventa fondamentale costruire un progetto politico condiviso e orientato alla riduzione delle disuguaglianze.
Il processo di inclusione sociale è un percorso già avviato ma sempre in evoluzione. L’apertura delle scuole alle persone con disabilità, dice d’Alonzo, ha segnato una svolta nel cammino verso l’integrazione, contribuendo alla crescita culturale e alla maggiore consapevolezza della società, che ha riconosciuto come chiunque, nel corso della propria vita, possa sperimentare condizioni di fragilità fisica, sensoriale o psichica. […] Se una persona con disabilità è a tutti gli effetti un membro della società e un cittadino, allora deve poter accedere alle stesse opportunità di vita garantite a ogni altro cittadino italiano.
La partecipazione è un’istanza individuale a valenza sociale, è da intendersi come l’assunzione attiva di un ruolo all’interno della società, un coinvolgimento reale nei processi decisionali collettivi, nella conservazione, nello sviluppo e nel progresso della comunità. Un concetto espresso da Amartya Sen vede la capacità di una persona come una combinazione alternativa di funzionamenti che essa può effettivamente realizzare.
Tra le responsabilità fondamentali vi è quindi quella di offrire alla persona strumenti efficaci per costruire e realizzare il proprio Progetto di vita, mettendo a frutto sia le proprie risorse personali sia quelle offerte dall’ambiente. Promuovere l’autodeterminazione significa allora dare alla persona la possibilità concreta di acquisire, consolidare e potenziare le competenze necessarie per esercitare consapevolmente i propri diritti e adempiere ai propri doveri di cittadino attivo in tutti i diversi ambiti della vita, dal lavoro all’autonomia abitativa, dal percorso verso l’autodeterminazione alla partecipazione civica.
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